L’autonomia differenziata porterebbe alla nascita di tanti sistemi scolastici diversi
Oggi sempre più spesso si sente parlare di declassamento della scuola a causa del dimensionamento scolastico e della proposta dell’autonomia differenziata.
Una doppia tenaglia si stringe sulla scuola quindi: dimensionamento e autonomia differenziata. Se il primo è legge – nel senso che la nuova norma che alza il numero minimo di studenti e studentesse necessario per tenere aperto un plesso scolastico è contenuta nella Finanziaria – la seconda è ancora allo stato di proposta (il ddl Calderoli), ma le pressioni per una sua approvazione aumentano nell’esecutivo.
Come è stato ampiamente analizzato l’autonomia differenziata porterebbe alla nascita di tanti sistemi scolastici diversi, minando l’universalità della scuola pubblica e trasformandola in un sistema disuguale, con scuole e studenti di serie A e di serie B e percorsi formativi diversi che penalizzerebbe soprattutto il Sud.
Mezzogiorno penalizzato
Oggi in Italia la dispersione scolastica nazionale media è del 12,7%, in Sicilia raggiunge il 21,1% e in Puglia il 17,6%, mentre in Lombardia è all’11,3%, contro l’obiettivo europeo del 9% entro il 2030.
Secondo lo Svimez uno studente e una studentessa del Sud stanno in classe 100 ore in meno all’anno e i giovani tra i 15 e 24 anni fermi alla licenza media sono il 20 per cento, 5 punti sopra la media nazionale e 9 rispetto a quella europea. Inoltre, come risulta dall’ultimo rapporto pubblicato da Save The Children la Sicilia è al primo posto per dispersione scolastica a livello nazionale, con una media pari al 21,1% e con punte del 25%.
Nel video, Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil ci spiega perché l’autonomia differenziata aumenterebbe ulteriormente le diseguaglianze tra i territori.
di ISABELLA CASTAGNA
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