Scontro Pittoni-Ianes sui 40 CFU INDIRE: serve esperienza o tirocinio? Ecco cosa pensano davvero
- La Redazione
- 2 giorni fa
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Mentre i corsi INDIRE da 40 CFU tardano a partire, il dibattito rimane fermo sui requisiti necessari per essere specializzati sul sostegno...

Negli ultimi giorni si è acceso un vivace confronto tra due figure di riferimento nel mondo dell’istruzione italiana: Dario Ianes, pedagogista e professore ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale presso la Libera Università di Bolzano, e Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega.
Al centro del dibattito, la formazione dei docenti di sostegno e in particolare il valore da attribuire al tirocinio previsto dai TFA universitari rispetto all’esperienza maturata sul campo da insegnanti non ancora specializzati.
Ma questo non è un semplice scontro di opinioni. È il riflesso di due visioni profondamente diverse della scuola, entrambe mosse da motivazioni serie e da un impegno autentico.
Chi è Dario Ianes
Dario Ianes non è una voce qualunque. Considerato uno dei massimi esperti italiani in pedagogia speciale, ha dedicato la sua carriera allo studio dell’inclusione scolastica, all’analisi dei bisogni educativi speciali e alla formazione degli insegnanti. È autore di numerosi testi adottati nelle università e nelle scuole, e le sue posizioni rappresentano spesso una bussola per chi lavora nel mondo dell’educazione inclusiva.
In una recente intervista, Ianes ha espresso forti dubbi sui percorsi formativi alternativi ai TFA, sottolineando il rischio di una “semplificazione eccessiva” nella formazione di figure educative tanto delicate.
“Non ci servono scorciatoie”, ha dichiarato, mettendo in guardia contro il rischio di indebolire la preparazione teorico-pratica necessaria per affrontare con competenza il ruolo di docente di sostegno.
Chi è Mario Pittoni
Dall’altro lato, Mario Pittoni non è solo un politico: è da anni una figura di riferimento per migliaia di docenti precari italiani. È stato il promotore dei PAS (Percorsi Abilitanti Speciali) e continua a distinguersi per la sua presenza costante sui social, dove dialoga quotidianamente con insegnanti, rispondendo a domande, chiarendo dubbi e cercando soluzioni.
Pittoni ha replicato con decisione alle parole di Ianes: “È il tirocinio (pur ‘supervisionato’) dei TFA universitari a non offrire nessuna garanzia e a rappresentare di fatto la vera scorciatoia. Solo l’ideologia può portare a sostenere che il tirocinio sia meglio di tre annualità di esperienza diretta”.
E ha aggiunto: “In altri Paesi, non impantanati nel ‘valore legale del titolo di studio‘ alla base di business milionari, pratica e teoria hanno pari dignità”.
Nessuno ha torto, entrambi hanno una visione
Nel rumore della polemica rischia di perdersi un punto essenziale: non siamo di fronte a una verità da difendere e a un errore da smascherare. Siamo di fronte a due professionisti che, pur da ruoli e percorsi diversi, cercano di dare risposte a un sistema in difficoltà.
Va sottolineato che nessuno può mettere in discussione l'autorevolezza di Ianes nel campo dell'inclusione scolastica e dei BES. La sua lunga carriera accademica e le sue numerose pubblicazioni lo rendono un punto di riferimento indiscusso in materia.
Ianes guarda alla scuola dal punto di vista della ricerca, della teoria, della progettazione pedagogica. Pittoni guarda alla scuola da dentro la macchina politica e amministrativa, con un’attenzione costante ai bisogni dei lavoratori, in particolare di chi è rimasto ai margini per anni.
Sono due visioni complementari, che potrebbero forse arricchirsi a vicenda, se si smettesse di cercare "vincitori" e si iniziasse a costruire ponti.
Intanto, la realtà attende
Questo confronto avviene però in un contesto sospeso e contraddittorio. A oltre un anno dall’annuncio dei corsi di formazione INDIRE, destinati a specializzare i docenti già in servizio, i percorsi non sono ancora partiti. Le scuole restano in attesa, i precari anche.
E così, mentre si discute di teoria e pratica, il tempo passa, e l’obiettivo dichiarato dal Ministro Giuseppe Valditara, ovvero formare 85.000 docenti di sostegno entro il 2025 (CLICCA QUI) , appare sempre più lontano.
Il vero tema: quale scuola vogliamo?
In un momento storico in cui mancano docenti specializzati e la scuola italiana fatica a garantire la piena inclusione, la domanda non è chi ha ragione, ma quale visione della formazione può davvero rispondere alle sfide del presente.
Meglio puntare tutto sulla teoria accademica, o valorizzare l’esperienza pratica maturata sul campo? O forse la risposta sta in un nuovo equilibrio, che ancora non abbiamo trovato?
Intanto, il confronto continua. Con toni accesi, certo. Ma anche con la speranza che da questo scontro nasca una riflessione più profonda su cosa significhi oggi “formare un buon docente”.