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Lucangeli: gli insegnanti diventino alleati e non giudici degli studenti, riconoscendo loro il diritto di sbagliare, incoraggiandoli perché l’errore non è un fallimento ma un’opportunità di crescita

L’insegnante diviene, pertanto, un modello per i propri studenti e trasmette non solo conoscenze ma anche valori, competenze, capacità, che influenzano sia l’apprendimento dello studente che la sua…

Un aspetto sul quale occorre soffermarsi, nell’ambito del processo formativo e di crescita dei bambini, e che incide senz’altro sul loro benessere personale e sull’apprendimento, è proprio quello dell’errore: in particolar modo ci si chiede come intervenire per aiutare i bambini a superare la frustrazione e la sofferenza sperimentata di fronte all’errore e all’insuccesso.


“Gli scienziati chiamano questo meraviglioso processo resilienza. Se apriamo il vocabolario, la prima definizione che troviamo alla voce resilienza è ‘la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi’. Funziona così anche in ambito psicologico. La resilienza consente a noi esseri umani di superare efficacemente le criticità, persistere nonostante gli ostacoli e continuare il nostro cammino di vita, facendo fronte alla rottura e riadattandoci alla nuova condizione”, questa l’analisi ben dettagliata di Daniela Lucangeli, stimata scienziata e docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.



Occorre partire dal presupposto che tutti abbiamo la capacità di affrontare efficacemente le difficoltà quando ci troviamo in un ambiente ricco di risorse: pertanto “affinché il bambino diventi resiliente, il contesto deve essere nutriente”.

“Una persona resiliente è colei che si adatta positivamente a situazioni stressanti o a eventi avversi, dimostrando abilità efficaci nel fronteggiare le difficoltà. Il processo di resilienza include la capacità di continuare a lottare per raggiungere i propri obiettivi e per superare le sfide nonostante i fallimenti, gli insuccessi e gli ostacoli”, in tal modo esprime il suo pensiero la docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.

La resilienza però non è una variabile statica ma al contrario un processo dinamico che dipende da molteplici fattori, personali e contestuali: un bambino potrebbe manifestare ottime capacità quando si tratta di affrontare le difficoltà a scuola ma non mostrare le medesime abilità a casa o viceversa.

Ma quali sono gli elementi che favoriscono una risposta resiliente alle difficoltà?

Innanzitutto facciamo riferimento a fattori personali. Ogni bambino possiede, infatti, caratteristiche personali che lo rendono unico e lo differenziano dagli altri. “Nel ricercare la causa del proprio successo e insuccesso, i bambini resilienti tendono ad attribuire la causa a loro stessi, anziché attribuirla a forze esterne non controllabili”, così continua la sua analisi Daniela Lucangeli.


Immaginiamo che un bambino resiliente, che chiameremo Francesco, sia andato male all’ultimo compito in classe di matematica; in questo caso penserà di non essersi impegnato abbastanza e quindi studierà maggiormente la prossima volta o chiederà aiuto ad un adulto. Un altro bambino, invece, magari più insicuro e meno consapevole delle sue capacità, potrebbe essere meno ottimista e pensare di essere stato sfortunato o che il maestro sia stato ingiusto nei suoi riguardi e quindi non sarà motivato a trovare una soluzione.

Anche la famiglia svolge un ruolo importante proprio perché nell’ambiente domestico il bambino sperimenta per la prima volta la sua capacità di risolvere i problemi o di gestire le emozioni.


“La relazione che si instaura con i genitori, e in particolare con la mamma, è in grado di proteggere il bambino dallo stress. A influenzare positivamente i processi di resilienza sono i contesti familiari sicuri, stimolanti e caratterizzati da relazioni supportive, in cui a stare bene sono prima di tutto i genitori”, in tal modo prosegue la sua disamina la stimata scienziata.

Quindi più la relazione tra genitore e figlio è forte ed improntata su emozioni positive e maggiori saranno le sue abilità di resilienza.

La scuola, quale contesto privilegiato nel quale il bambino allena le sue abilità cognitive e sociali relazionandosi con i suoi pari e con adulti al di fuori della sua cerchia familiare, svolge anch’essa un ruolo determinante e di estrema importanza.


“Numerosi studi e ricerche hanno dimostrato il ruolo assunto dall’insegnante e dalla classe sulla resilienza degli allievi: più le relazioni instaurate in classe sono forti, positive e di supporto, più facile sarà per il bambino tollerare la frustrazione in caso di errore o insuccesso e persistere nel raggiungimento dell’obiettivo”, così come ci spiega dettagliatamente Daniela Lucangeli.

La resilienza degli studenti dipende, infatti, anche dalle competenze sociali ed emotive dell’insegnante e dalle sue stesse abilità di resilienza. L’insegnante diviene, pertanto, un modello per i propri studenti e trasmette non solo conoscenze ma anche valori, competenze, capacità, che influenzano sia l’apprendimento dello studente che la sua capacità di vivere il mondo.


“Una scuola che intenda assolvere alla sua funzione educativa deve preoccuparsi di fornire ai propri bambini e ragazzi occasioni e opportunità per sviluppare le cosiddette competenze “non cognitive”; quelle competenze che non sono, cioè, strettamente correlate al risultato scolastico ma che favoriscono il processo di resilienza e l’adattamento degli adulti di domani alle avversità della vita.


Stiamo parlando dell’abilità nel risolvere i problemi o nel prendere decisioni, ma anche di autonomia, sguardo positivo e propositivo verso il futuro, capacità di stare in relazione con gli altri e di comunicare con loro, o ancora dell’abilità di regolazione emotiva”, così termina la sua profonda riflessione la docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.

Perché un bambino possa crescere resiliente dovrà, pertanto, comprendere fino in fondo come l’errore non sia un fallimento ma una meravigliosa opportunità di crescita grazie ad educatori che, in qualità di insegnanti e di genitori, diventino alleati e non giudici del bambino contro l’errore, riconoscendo il suo diritto a sbagliare. Sbagliare, infatti, non significa essere poco capaci ma il buon educatore sarà in grado di capire assieme all’allievo perché l’errore è accaduto e come fare per superarlo ed è proprio tale alleanza che attiverà nei bambini il processo di resilienza.



di VALENTINA TROPEA







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