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Docenti, stipendi più bassi: l’inflazione riduce sensibilmente il potere d’acquisto di almeno il 10%

Dal 2020 ad oggi, i salari reali degli insegnanti hanno perso fino al 13%. Aumenti insufficienti, buoni pasto assenti e contrattazioni bloccate: ecco cosa sta succedendo nella scuola italiana...


Un aumento che non basta. È questa, in estrema sintesi, la sensazione che accompagna molti docenti di fronte alla proposta economica sul tavolo per il rinnovo del contratto 2022-2024. I 150 euro lordi mensili previsti come incremento retributivo sembrano già insufficienti, messi sotto pressione da un’inflazione che ha eroso profondamente il potere d’acquisto negli ultimi tre anni.

Secondo i sindacati, l’incremento proposto copre solo il 6% dell’inflazione, mentre dal 2021 ad oggi il costo della vita è aumentato di oltre il 16%. In termini pratici, ciò significa che gli stipendi degli insegnanti valgono oggi il 12-13% in meno rispetto al 2020. Una perdita silenziosa ma concreta, che si riflette nella vita quotidiana: spese più alte, salari congelati, frustrazione crescente.

A rendere la situazione ancora più complicata c’è un vincolo strutturale: il limite massimo degli aumenti salariali fissato nei documenti di programmazione economica.

GRAFICO NEL QUALE VIENE EVIDENZIATA LA PERDITA DI POTERE DI ACQUISTO DEGLI INSEGNANTI
GRAFICO NEL QUALE VIENE EVIDENZIATA LA PERDITA DI POTERE DI ACQUISTO DEGLI INSEGNANTI

Per superare l’incremento medio lordo di 150 euro, servirebbe una legge ad hoc che stanzi nuove risorse. Ma al momento non ci sono segnali politici in tal senso. Così, la trattativa rischia di diventare una mera formalità, con margini di manovra ridottissimi.

Nel frattempo, la proposta sindacale di introdurre i buoni pasto per il personale scolastico è stata bocciata dalla Commissione Cultura del Senato. Un’occasione mancata per offrire un minimo sollievo economico, soprattutto a chi svolge un orario prolungato o lavora lontano da casa. Eppure, in altri comparti della pubblica amministrazione il buono pasto è da anni una realtà consolidata. Nella scuola, invece, non è mai stato previsto.



Il giovane sindacato Anief propone un’altra strada: inserire il principio del buono pasto nel contratto collettivo, anche in assenza di fondi immediati. È già successo nel contratto 2019-2021 con la formazione retribuita: prima si è affermato il diritto, poi si è trovata la via per attuarlo a livello locale, in base alle risorse disponibili. Una scelta che, se accolta, permetterebbe almeno di rompere il blocco normativo, aprendo la strada a future estensioni.


Tra inflazione fuori controllo, stipendi in calo e diritti negati, il lavoro degli insegnanti sembra sempre più svalutato. Non solo economicamente, ma anche dal punto di vista sociale. Chi ogni giorno forma le nuove generazioni, dovrebbe essere sostenuto, valorizzato, ascoltato. Invece, la scuola italiana rischia di diventare un luogo in cui si chiede tanto e si restituisce troppo poco.



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