Crepet:il coraggio che i figli ci chiedono è quello di insegnare loro ad essere liberi, capendo che le cose conquistate con sacrificio sono le migliori e che il desiderio ha un prezzo e merita rinunce
- La Redazione
- 2 giorni fa
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Aggiornamento: 19 ore fa
“Voler bene a un giovane non significa imbonirlo con i soldi, ma permettergli di essere libero. E di quale libertà potrà mai godere se sarà sempre più costretto a dipendere…”

La preoccupazione più grande per ogni genitore è senz’altro quella di svolgere adeguatamente la propria funzione pedagogica: un buon educatore, infatti, dovrebbe essere presente, fungendo da guida e da supporto per i propri figli, senza però mai privarsi di quell’autorevolezza che costituisce il presupposto indispensabile per poter agire responsabilmente e correttamente.
“Perfino i soldi possono aiutare a crescere. Ho sempre pensato che educare sia in gran parte questione immateriale, ovvero sentimentale, emotiva. Ciò non significa, però, che non vi sia anche la possibilità di declinare quel compito in termini più pragmatici”, queste le significative parole del sociologo e psichiatra Paolo Crepet.
Anche la paghetta, infatti, potrà servire ad educare i propri figli così da insegnare loro il valore del denaro. In particolar modo, ad esempio, se quei soldi verranno utilizzati dall’adolescente per uscire fuori la sera con amici e pagare una pizza, o ancora per acquistare un paio di scarpe alla moda, ed in generale per affrontare qualsiasi altra spesa personale, allora la paghetta stessa assumerà valore educativo.
“Se invece il genitore insegna che la paghetta è un «optional obbligatorio» buono solo per togliersi qualche sfizio, mentre scarpe da ginnastica e T-shirt alla moda, ricariche per il telefonino, pizze e cinema continuano a gravare sul bilancio di papà e mamma, l’adolescente crescerà avulso dalla realtà, convinto di avere diritto a essere finanziato a vita e che il suo «minimo vitale» corrisponda a un insindacabile privilegio”, in tal modo inizia la sua riflessione Paolo Crepet.
Necessita, pertanto, l’intelligenza educativa di un genitore per permettere al proprio figlio di tirar fuori dal cappello talento ed ingegno, doti che emergono solo se sollecitate e non per grazia ricevuta, così come ci spiega lo psichiatra. “Voler bene a un giovane non significa imbonirlo con i soldi, ma permettergli di essere libero. E di quale libertà potrà mai godere se sarà sempre più costretto a dipendere economicamente dai soldi dei genitori”, questo il problema che si pone Paolo Crepet senza esitazione. Pertanto il coraggio che i figli ci chiedono è quello di insegnare loro ad essere liberi, comprendendo che le cose conquistate con sacrificio sono le migliori e che il desiderio ha un prezzo e merita qualche rinuncia.
Eppure ad alcuni genitori l’idea che i figli dipendano economicamente da loro non dispiace affatto perché solo in tal modo continueranno a sentirsi importanti e utili, non dovendo affrontare il problema del «nido vuoto».
Ed allora ci si pone una domanda: quanto un genitore è davvero disponibile a investire sui propri figli e cosa si intende per investimento?
A tal fine ciò che si verifica è alquanto singolare ed insolito: chi ha ampie disponibilità economiche raramente pensa ad un investimento importante sulla formazione dei figli, mentre chi ha poco denaro in disponibilità vorrebbe poter mandare suo figlio in una buona università ma deve rinunciarvi per mancanza di disponibilità economica.
“Investire economicamente sui figli non è però un concetto chiaro e condiviso. Per molti significa intestare loro un appartamento, ma così si commettono due errori in un colpo solo: da una parte si toglie loro slancio, voglia di intraprendere e di affrontare il rischio di un progetto personale; dall’altra, l’appartamento tende a legare il figlio territorialmente, rendendo svantaggiosa ai suoi occhi qualsiasi scelta che preveda uno svincolo dalla famiglia d’origine”, così come ci spiega dettagliatamente Paolo Crepet.
Ciò che si realizza, quindi, è una sorta di patto faustiano: i genitori decidono di mantenere i figli a vita, garantendo loro denaro ed un po’ di libertà in cambio della firma di un «armistizio sociale»; i figli, invece, ottengono un beneficio economico in cambio della rinuncia alla libertà.
In tal modo non ci sarà più un confronto tra generazioni ma regnerà il silenzio, una dorata rassegnazione dove nessuno più comanda, nessuno più reagisce o protesta.
Bisogna, pertanto, opporsi a tale degrado educativo, così che gli adulti possano riappropriarsi della loro autorevolezza, garantendo ai giovani una crescita sana e consapevole, comprendendo che investire sui figli non significa dare loro denaro ma metterli nelle condizioni di seguire le loro passioni.
“In altre parole, investire sui figli necessita coraggio, ma chi riuscirà nell’intento seminando bene il terreno vedrà crescere piante forti e sane”, queste le considerevoli parole dello psichiatra con le quali termina la sua disamina.
I giovanissimi, pertanto, non dovranno mai rinunciare ai loro sogni, alla loro libertà, rassegnandosi, ma sarà importante ribellarsi per poter sperimentare passione ed ambizione, senza mai desistere, anche e soprattutto grazie alla presenza di genitori coraggiosi che non hanno smesso di credere nei loro figli, insegnando loro cosa significhi sacrificarsi per ciò in cui si crede veramente, senza dimenticare che nulla è dovuto e che le cose belle hanno un prezzo e meritano anche qualche rinuncia.
di VALENTINA TROPEA