Emerge da due studi pubblicati su Nature e sul Journal Clinical Investigation
Molte volte ci si chiede come mai in una famiglia alcuni soggetti contraggono il virus ed altri no nonostante ci sia un contatto diretto.
Alcuni studi iniziano a fare luce su questo fenomeno chiamato, “immunità innata”, dovuta alla genetica.
Il professore Giovanni Di Perri, responsabile del reparto Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia di Torino, spiega che l’immunità genetica è il:
“primo scalino che viene attivato dalle nostre difese e del quale disponiamo tutti: accade, ad esempio, che questa linea protettiva blocchi l’infezione sul nascere. Poi ci sono immunità innate meno veloci e la malattia prende il sopravvento. Da sola, però, l’immunità innata non è sufficiente a proteggerci. O meglio, non difende tutti allo stesso modo. C’è una predisposizione genetica alla malattia. Evidentemente ci sono persone totalmente refrattarie a questo virus“.
Una scoperta importante arriva direttamente da uno studio pubblicato nella rivista scientifica “Nature Immunology”, in cui il team di ricercatori spiega:
“Anni fa abbiamo individuato alcuni geni che fanno parte di una famiglia di antenati degli anticorpi. Concentrandoci sull’interazione tra questi e Sars-CoV-2, abbiamo scoperto che una di tali molecole dell’immunità innata, chiamata Mannose Binding Lectin (MBL), si lega alla proteina Spike del virus e lo blocca. Alla comparsa di Omicron, Sarah Mapelli, ricercatrice bio-informatica di Humanitas, ha esteso subito l’analisi sulla struttura della proteina in collaborazione con il gruppo di Bellinzona, scoprendo che MBL è in grado di vedere e riconoscere anche Omicron, oltre alle varianti classiche del virus come Delta”.
In sintesi, si è scoperto che molti di noi possiedono una struttura genetica che di fronte al Covd-19, funge da corazza impenetrabile rendendo la persona totalmente immune.
di CARLO VARALLO
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