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Galimberti, per insegnare occorre carisma, capacità di comunicazione ed entusiasmo perché l’attenzione degli studenti passa dal coinvolgimento emotivo

Aggiornamento: 15 nov

Occorre quindi riscoprire quella funzione educativa svolta dagli insegnanti, abili nell’appassionare gli studenti, nell’affascinarli con le loro capacità dialettiche e di comunicazione…

Se ci si soffermasse solo un attimo a riflettere, allora si capirebbe che il tempo che i giovani trascorrono a scuola è davvero un tempo prezioso: si tratta del luogo principale di formazione, dove gli alunni iniziano a comunicare fra loro, a relazionarsi, instaurando i primi rapporti umani.

L’idea di una scuola che istruisce ma educa, di una scuola che insegna ma stimola la curiosità, di una scuola che aiuta a crescere permettendo la formazione delle personalità dei più giovani, con il passare del tempo è andata scemando e ciò ha sicuramente demotivato i più giovani.

Su tale aspetto si è espresso Umberto Galimberti, filosofo, saggista e psicoanalista, che nel suo libro ha risposto, con grande forza e determinazione, ad una lettera inviatagli proprio da una Professoressa.

Paola, insegnante di Filosofia in uno storico liceo di Roma, si è rivolta allo psicoanalista Galimberti dichiarando espressamente che tra i mali della scuola vi è anche quella folla di intellettuali che parla a ruota libera della scuola e degli insegnanti, sapendone però poco o nulla.

“Quali competenze ha lei per affermare che gli insegnanti non sanno la matematica? La fisica? La letteratura? La filosofia? Si sono tutti laureati, hanno in gran parte superato concorsi pubblici, chi altro o che cosa avrebbe dovuto valutare le loro competenze disciplinari? Non hanno carisma? Non affascinano? Vogliamo introdurre un “valutatore di carisma” o di fascino nella selezione del personale docente”, queste le pungenti parole dell’insegnante rivolte al filosofo Galimberti.

Lo psicoanalista, nel rispondere alle domande del docente, sottolinea come molti insegnanti non abbiano una competenza sufficiente nella loro materia; d’altronde essere laureati non è di per sé indice di competenza.

“Quanto a me, qualche conoscenza diretta della scuola la possiedo, avendo insegnato, prima di accedere all’università, nelle scuole medie inferiori, negli istituti tecnici, negli istituti magistrali, nei licei scientifici e classici. Ho fatto parte di commissioni concorsuali, dove ho potuto toccare con mano il basso livello di competenza di molti candidati che, per ragioni davvero incomprensibili, superavano comunque il concorso”, sottolinea Galimberti, con precisione e dettagliatamente.

Ecco allora la necessità da parte di chi insegna di avere carisma, capacità di comunicazione ed entusiasmo perché l’attenzione degli studenti passa dal coinvolgimento emotivo.

Platone stesso ci insegna che si impara per fascinazione perché in età evolutiva la mente si apre quando la sfera emotiva è coinvolta.

Umberto Galimberti continua ribadendo quanto sia insidiosa la demotivazione che connota i giovanissimi in molte classi delle nostre scuole: la demotivazione è l’anticamera della depressione e la depressione è l’anticamera del suicidio.

Da alcuni anni la valutazione dei giovani nei licei avviene sulla base delle loro prestazioni oggettive che fanno media matematica e quindi non si svolgono più i temi che presuppongono l’espressione della soggettività dello studente, che non può essere valutata in termini oggettivi.

Occorre quindi riscoprire quella funzione educativa svolta dagli insegnanti, abili nell’appassionare gli studenti, nell’affascinarli con le loro capacità dialettiche e di comunicazione; insegnanti che abbiano un’inclinazione naturale nel dispensare il sapere che prescinde da qualsiasi altro fattore o compenso economico.


di VALENTINA TROPEA




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