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Galimberti: occorre seguire il proprio cuore perché il sentimento rappresenta la vera forza d’animo, la nostra bussola, e solo in tal modo potremo essere davvero felici, riscoprendo noi stessi

“In questo senso il mare è la metafora del cuore come la terra lo è dell’anima, perché a differenza dell’anima, che da quando è nata è sempre in cerca di salvezza, nel cuore c’è quella voglia di terre non ancora…”

Ricominciare a “sentire”, ascoltando il proprio cuore, ponendo le emozioni ed i sentimenti al centro della propria esistenza, non è sempre così semplice, alla luce di una società dove predomina la razionalità della tecnica e spesso non c’è spazio per gli aspetti emozionali ma deve prevalere l’efficienza e la produttività.


“Il mare si fa simbolo del senza-confine che impaurisce chi abita terre protette, intimi focolari, passioni quiete che nessuna gioia ha mai fatto danzare, alcun dolore inabissato. Il mare conosce la danza e l’abisso, ma chi sono coloro che hanno abbastanza cuore per questo? I signori della terra? Gli uomini di carattere?”, in tal modo il filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti inizia una disamina mai scontata e di notevole rilevanza.

 A tal fine occorre sottolineare che la superficie del mare è troppo pura per gli occhi di chi è così legato al territorio da non riuscire mai a prendere il largo con la semplicità del navigante che incoraggia il suo cuore.


Le linee del mare sono la profondità dell’abisso e il senza-confine dell’orizzonte, quali dimensioni che inquietano l’anima ma non il cuore che non dice al dolore “sparisci” e all’amore “calmati”.

“In questo senso il mare è la metafora del cuore come la terra lo è dell’anima, perché a differenza dell’anima, che da quando è nata è sempre in cerca di salvezza, nel cuore c’è quella voglia di terre non ancora scoperte che solo il mare può concedere a chi non teme il senza-confine,” così come ci spiega molto dettagliatamente il filosofo.

Il cuore offre nuovi orizzonti, nuove prospettive, permettendo al nostro sguardo di andare oltre, attraverso quel coraggio di chi non teme il passato, vive il presente e sperimenta il futuro. Ecco allora l’importanza di porre le emozioni al centro della propria vita per evitare quell’anestesia emotiva che genera apatia, demotivazione e mancanza di interesse e che connota i giovanissimi non più alla ricerca di se stessi, e della loro autorealizzazione, ma pronti ad omologarsi per essere accettati in una società che predilige l’apparenza all’essenza.

“Oggi la si chiama ‘resilienza’, una volta la si chiamava ‘forza d’animo’, Platone la nominava ‘tymoidés’ e indicava la sua sede nel cuore.Il cuore è l’espressione metaforica del ‘sentimento’, una parola dove ancora risuona la platonica ‘tymoidés’. Il sentimento non è languore, non è malcelata malinconia, non è struggimento dell’anima, non è sconsolato abbandono. Il sentimento è forza. Quella forza che riconosciamo al fondo di ogni decisione quando, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro che le argomentazioni razionali dispiegano, si decide, perché in una scelta piuttosto che in un’altra ci si sente a casa. E guai a imboccare, per convenienza o per debolezza, una scelta che non è la nostra, guai a essere stranieri nella propria vita.La forza d’animo, che è poi la forza del sentimento, ci difende da questa estraneità, ci fa sentire a casa, presso di noi. Qui è la salute. Una sorta di coincidenza di noi con noi stessi, che ci evita tutti quegli ‘altrove’ della vita che non ci appartengono e che spesso imbocchiamo perché altri, da cui pensiamo dipenda la nostra vita, semplicemente ce lo chiedono, e noi non sappiamo dire di no”, queste le parole di Umberto Galimberti che inducono ad una profonda riflessione.


Nel tentativo di voler compiacere gli altri si percorrono strade che il nostro sentimento avverte come non nostre e così l’animo si indebolisce, assecondando il desiderio di essere accettati ed amati.

Ma alla fine, in tal modo, l’anima si ammala; pertanto bisogna essere se stessi: questa è la vera forza d’animo.

“Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la nostra ombra. Che è poi ciò che di noi stessi rifiutiamo. Quella parte oscura che, quando qualcuno ce la sfiora, ci sentiamo ‘punti nel vivo’. Perché l’ombra è viva e vuole essere accolta.


Anche un quadro senza ombra non ci dà le sue figure. Accolta, l’ombra cede la sua forza. Cessa la guerra tra noi e noi stessi. Siamo in grado di dire a noi stessi: ‘Ebbene sì, sono anche questo’. Ed è la pace così raggiunta a darci la forza d’animo e la capacità di guardare in faccia il dolore senza illusorie vie di fuga”, in tal modo termina la sua disamina Umberto Galimberti.

Bisogna avere il coraggio del navigante che, lasciata la terra di protezione, non si fa prendere dalla nostalgia ma incoraggia il suo cuore perché i sentimenti rappresentano la nostra bussola, e solo riscoprendo questa forza d’animo potremo essere davvero felici, riabbracciando la nostra più intima essenza.


di VALENTINA TROPEA

 
 
 

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