Secondo i dati pubblicati giorno 1 febbraio 2022 dall’Istat, l’anno del 2021 si chiude con oltre 22,5 milioni di occupati, in crescita di 147 mila unità di lavoro rispetto all’anno 2020, ma che mancano all’appello 833 mila posti di lavoro rispetto all’anno prima dello scoppio della pandemia da Covid-19.
Il 2021 ci consegna un aumento di persone in cerca di occupazione (+57 mila unità) ed anche, purtroppo, un numero molto elevato di inattivi che continua a superare i 13 milioni.
Se questi, a grandi cifre, sono i risultati quantitativi del 2021, è forte la preoccupazione della UIL sulla qualità del lavoro, in quanto la crescita dell’occupazione che si sta realizzando nel nostro Paese è principalmente trainata da contratti a termine che negli ultimissimi mesi del 2021 sono cresciuti con percentuali a due cifre rispetto ad un arrancante, ed alquanto indeciso, aumento dei contratti a tempo indeterminato.
Basti pensare che nel mese di dicembre, l’80% dell’aumento occupazionale è dovuto a contratti a termine.
Insomma, siamo ben lontani da quella occupazione che la UIL vorrebbe per questo Paese. Se è vero com'è vero che la ripresa economica è ripartita, non altrettanto si può dire per l’equità e la giustizia sociale. Infatti, non è più pensabile né sopportabile che le lavoratrici ed i lavoratori vivano con contratti instabili e precari e che il nostro mercato del lavoro sia connotato da carriere frammentate, discontinue e con bassi salari.
E’ per questo che la UIL si batterà per contrastare fortemente il fenomeno del precariato che investe da troppi anni il nostro Paese, soprattutto tra i giovani e le donne.
Sollecitiamo il Governo ad un confronto per arrivare anche da noi ad una riforma del lavoro che riduca la precarietà ed il lavoro debole, sul modello di quella spagnola.
di CLAUDIO CASTAGNA
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