L'auspicio, dunque, soprattutto per i più giovani, è che attraverso un lavoro sinergico tra scuola e famiglie si possa insegnare ai ragazzi l'importanza delle...
Viviamo in una società effimera, che pone maggiore attenzione all'apparenza e non alla sostanza, basata su stereotipi che si ripetono e si omologano come le produzioni commerciali di massa.
Tutto passa velocemente davanti ai nostri occhi e scorre, vengono meno le emozioni. Ciò che conta maggiormente è la spettacolarizzazione, esibirsi per ottenere il consenso degli altri, divenuti ormai giudici della nostra stessa vita.
E così, anche i giovani finiscono per crescere ed essere educati all'anaffettività, la difficoltà a esprimere sentimenti verso gli altri. L'incapacità, più o meno patologica, di provare emozioni o di esprimere le emozioni che si riescono a provare e che quindi restano represse e non espresse. A tal proposito, lo psichiatra Paolo Crepet, nel suo libro “Mordere il cielo”, ha sottolineato come "si va a scuola di anestesia, l'anaffettività diventa substrato vitale". Ebbene, tutto ciò porta a dimenticare l'essenza stessa ed il valore proprio dei più giovani e, come dice lo stesso Crepet, ci si dimentica che un bambino è un bambino, indipendentemente dal contesto in cui nasce, cresce e viene allevato.
Nella nostra società, insomma, mancano i più elementari diritti all'infanzia, ed a ciò è da aggiungere come non venga neppure rispettata la dignità delle donne, degli anziani, dei malati e di tutti quei soggetti fragili che si ritrovano a dover fare i conti con una società di prepotenti, copia di stereotipi di tracotanza. Paolo Crepet parla di una vera e propria anestesia che avvolge le
nostre vite dalla nascita e si traduce nell'abbandono emotivo. In effetti, non siamo in grado di provare ed insegnare emozioni. In quest'ottica ci si dimentica del diritto dei bambini di crescere giocando nella spensieratezza, abbandonandoli ad una dimensione digitale, astratta, fredda e priva di creatività. Si rinuncia in tal modo, dice Crepet, all'empatia e alla sensibilità.
La nostra attenzione ormai si sofferma sulle cose futili ed effimere e finiamo così per preoccuparci di più per la caduta di un bimbo da una bici che per la morte di più bambini nei paesi attanagliati dalla guerra. Tutto è diventato spettacolarizzazione ed i genitori non sono più in grado di formare delle coscienze. Allora diviene più semplice scaricare le responsabilità sulla scuola e sugli insegnanti, i quali non possono certamente sostituirsi ai genitori. A tal proposito proprio Crepet afferma: "L'empatia è un confine che non dovrebbe essere attraversato, perché oltre non c'è ragione, ma perdita della coscienza e del significato delle nostre relazioni affettive. L'empatia è antidoto, significa assumere le emozioni come metronomo
capace di scandire il nostro tempo invece di farlo scorrere al contrario". Occorrerebbe, pertanto, ritornare alle vere emozioni, agli abbracci sentiti, alla capacità di trasmettere sensazioni e valori; occorrerebbe, in altre parole, ricominciare a creare delle coscienze. L'auspicio, dunque, soprattutto per i più giovani, è che attraverso un lavoro sinergico tra scuola e famiglie si possa insegnare ai ragazzi l'importanza delle emozioni, della coscienza e della verità.
di VALENTINA TROPEA
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