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Crepet, “il buon insegnante non mette l’alunno in difficoltà, ma alla prova, sapendo che ogni allievo ha un proprio talento. E il talento ha bisogno dell'occasione buona per riuscire a stupire..."

Spesso sono le cose più semplici a stupire ed è la semplicità che ci lascia senza parole. In un mondo in cui tutto sembra...

 

Spesso sono le cose più semplici a stupire ed è la semplicità che ci lascia senza parole. In un mondo in cui tutto sembra essere costruito in maniera artificiale ed innaturale, in un mondo in cui occorre indossare una maschera per poter sentirsi se stessi, sono le persone più umili che ci permettono di comprendere veramente cosa sia la genialità.

Ed è proprio sulla base di tale presupposto che lo psichiatra e sociologo Crepet, nel suo libro Mordere il cielo, coglie l’occasione per soffermarsi sulle relazioni intercorrenti tra adulti e giovani, educatori ed allievi, e sul come tali relazioni stiano subendo un mutamento in senso peggiorativo.

Lo psichiatra, infatti, ci pone come esempio e modello da emulare, grazie alla sua semplicità e genialità, Jacque Fresco, un designer visionario del Novecento, l’anticipatore della ecosostenibilità.

In una videointervista Fresco aveva raccontato del rapporto intercorrente con suo figlio, rammentando un episodio alquanto significativo: aveva ripensato a quando il bambino gli aveva riportato una macchinina alla quale si era staccata una ruota e così il papà Jacque aveva buttato la macchinina stessa giustificandosi con il figlio, dicendogli che era ormai rotta.

Il bambino era rimasto malissimo ma questo gli era servito da stimolo per trovare una soluzione a quel problema, quindi cercò a tutti i costi di sistemare il giocattolo, ingegnandosi ed inserendo la ruota in un piccolo perno di ferro fuoriuscito all’esterno.

Grazie a tale racconto Crepet pone l’accento sull’importanza e sul ruolo basilare svolto da insegnanti e genitori, un ruolo così significativo da determinare delle conseguenze anche nei confronti delle future generazioni. L’esempio della macchinina potrebbe sembrare banale eppure ha un profondo significato.

Lo stesso psichiatra afferma che: “Ci vuole coraggio a sfidare il talento di un figlio, a provocarlo, ma ce ne vuole ancora di più a renderlo passivo, asservito”.

Il messaggio che vuole trasmetterci Crepet è ben evidente: in un periodo in cui nelle relazioni intercorrenti tra adulti e giovani, tra educatori ed allievi, si sta assistendo ad un “imbarbarimento educativo”, occorre comprendere come educare significhi un po' “edificare”, occorre essere coraggiosi e consentire ai giovani di cadere, per poi rialzarsi, di crescere cercando sempre una soluzione ai problemi che si presentano sul loro cammino: solo così i giovani scopriranno cosa significhi davvero ingegnarsi, appassionarsi, ma anche sacrificarsi per poter raggiungere i propri risultati. 




I genitori e gli insegnanti non possono e non devono sostituirsi ai più giovani: occorre del tempo per crescere e maturare, per poter scegliere consapevolmente, ma quel tempo prezioso non può essere sprecato ed occorre vivere pienamente per poter formare la propria personalità, bisogna agire autonomamente così da poter scoprire cosa significhi essere ambiziosi, prodigarsi per ciò che si ritiene giusto, gioire per i traguardi raggiunti, ma anche imparare a saper perdere perché solo attraverso le emozioni più forti e più contrastanti si potranno cogliere i più importanti insegnamenti.

D’altronde come afferma lo stesso Crepet: “Un buon educatore fa questo: non mette l’allievo in difficoltà, ma alla prova, sapendo che ogni bambino e ogni bambina hanno un proprio talento. E il talento ha bisogno dell’occasione buona per riuscire a stupire chi lo possiede e gli altri. Ognuno ha diritto a essere eletto, scelto per la propria capacità di sconvolgere ciò che gli altri si aspettano da lui”.


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di VALENTINA TROPEA




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