“Il rito del donare è complesso, a volte lo si fa con spontaneità, altre volte il dono maschera una necessità…
Il rapporto intercorrente tra genitori e figli è sempre un rapporto connotato da una serie di emozioni contrastanti: da un lato i genitori dovrebbero riappropriarsi del loro ruolo guida e della loro autorevolezza, dall’altro i figli sembrano essere sempre più fragili e vulnerabili, incapaci di plasmare il loro futuro in maniera conforme a delle aspettative che sembrano essere sempre disattese.
La funzione educativa rimane, dunque, una funzione di estrema importanza ed esercitata in modo errato può determinare ripercussioni negative proprio nei confronti dei giovanissimi, ancora privi di un’identità e di una personalità ben definite.
La fugacità degli attimi, lo scorrere veloce del tempo e quindi il bruciare le tappe davvero troppo in fretta, con il passare del tempo ha reso gli adulti sempre più asettici e cinici, trascurando le emozioni più sincere ed autentiche. I genitori faticano ad esprimere le loro emozioni ed i giovani necessitano di quell’affetto che sembra esser stato messo da parte da ormai troppo tempo.
Su tale aspetto si sofferma Paolo Crepet, sociologo e psichiatra, dichiarando che: “Il rito del donare è complesso, a volte lo si fa con spontaneità, altre volte il dono maschera una necessità ricattatoria: donare non è gratuito, richiede sempre qualche altra cosa in cambio”.
Quando i rapporti diventano freddi e distaccati, squilibrati appunto, allora lo strumento migliore per poter risolvere tale problema diviene il dono. Un po' come se attraverso quei regali si potessero colmare lacune, assenze, mancanze, carenze affettive.
E tale aspetto dovrebbe essere notato proprio dagli educatori: se gli alunni ricevono tanti doni da parte dei loro genitori, allora significa che c’è qualcosa che non va.
I troppi doni rappresentano una richiesta di perdono da parte dei genitori per essere stati latitanti, poco disponibili o distratti.
“I regali rischiano di diventare pedine di scambio necessarie all’adulto per lenire i propri sensi di colpa”, così sostiene Paolo Crepet con fermezza.
Un genitore, dunque, invece di comprare un oggetto, dovrebbe accorgersi che la richiesta di un dono non è altro che la richiesta di una presenza affettiva ed un regalo serve proprio per tacitare quella richiesta.
Comprare un regalo, infatti, non richiede la nostra disponibilità ma sono necessari solo dei soldi.
In tale prospettiva una simile scelta, indirizzata nell’acquistare degli oggetti materiali eludendo ogni tipo di richiesta affettiva, comporta che i ragazzi inizieranno ad idolatrare gli oggetti stessi a scapito delle relazioni.
È necessario, pertanto, regalare ai giovani la disponibilità del nostro tempo, un piccolo regalo capace di produrre un’enorme emozione.
Gli oggetti finiscono con il sostituire il sentire, l’intuire, l’emotività e l’accettarsi per quello che si è veramente; viene meno l’osmosi tra generazioni e così si perde anche la possibilità di parlarsi e di comprendersi.
“Ogni affetto si dissolve nella semplificazione terrificante di silenzi esistenziali dove risuona solo il valore del denaro. Sfuma così ogni possibile ricchezza nella diversità. Resta solo uno scambio meccanico, metafora del vuoto che ci divide”, dichiara il sociologo e psichiatra Paolo Crepet.
In definitiva, quindi, occorre donare ai giovani il nostro tempo, la nostra risorsa più preziosa, perché solo così riusciremo nuovamente a recuperare quell’empatia, quella capacità di sentire, di relazionarci, di comprendere quali sono i dolori, le paure, le preoccupazioni dei nostri ragazzi, percependo anche il loro desiderio di affetto.
Tale indirizzo rappresenta l’unica soluzione possibile per evitare che i giovani si ritrovino alle prese con la solitudine, impacchettata con un nastro di argento.
Un semplice regalo, un dono materiale, non potrà mai scaldare il cuore dei nostri figli, non potrà mai colmare le nostre mancanze, i nostri sbagli, le nostre assenze: dobbiamo imparare a viverci, trascorrendo del tempo assieme, curando l’aspetto relazionale più che quello materiale. Gli oggetti sono destinati a logorarsi con il passare del tempo, non svolgono alcuna funzione educativa o emotiva, mentre la nostra presenza nutre l’anima, dando valore più all’essere che all’avere.
di VALENTINA TROPEA
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