"I 500 euro l’anno della Carta docente sono un diritto del lavoratore precario e va data, anche per gli anni passati, con tanto di “interessi legali e..."
I 500 euro l’anno della Carta docente sono un diritto del lavoratore precario e va data, anche per gli anni passati, con tanto di “interessi legali e rivalutazione monetaria”: a ribadirlo è stato il Tribunale di Venezia, che ha assegnato la somma sottratta da un supplente, difeso dei legali Anief, ricordando che “la discrasia rispetto alla direttiva 1999/70/CE è stata in effetti affermata recentemente dalla stessa CGUE (ordinanza 10.5.2022 nella causa C-450/2021) che, ritenuto preliminarmente che l’assegnazione della carta docente per le sue peculiarità e pur non costituendo retribuzione si configuri con ”condizione di impiego” per la quale non vi può essere discriminazione tra personale assunto a tempo determinato o indeterminato che non sia fondata su obiettive ragioni”.
Alla luce di questo, il Tribunale veneto è giunto alla conclusione che “si impone dunque per il giudice nazionale il dovere di disapplicare la normativa interna per la parte in cui non attribuisce anche al personale assunto a tempo determinato il diritto al rilascio della carta docente per la fruizione dell’importo di € 500,00 per anno scolastico finalizzata a iniziative formative indicate dalla L. 107/15. Ciò, tutte le volte in cui l’attività lavorativa svolta dal personale docente non di ruolo sia priva di significative differenze rispetto a quella svolta dal personale di ruolo”. Inoltre, sempre il giudice del Tribunale di Venezia ha ricordato che di recente la Cassazione è intervenuta sul diniego legislativo ricordando che “ai sensi dell’art. 363-ter c.p.c. con la sentenza 29961/23, condivisa dal giudicante, la disposizione nazionale che limita la platea degli aventi diritto alla Carta Docente al personale di ruolo va disapplicata quantomeno con riferimento ai titolari di supplenze annuali e fino al termine delle attività scolastiche”.
“In conclusione – scrive ancora il giudice del Tribunale del capoluogo veneto -, va accolta la pretesa svolta dal ricorrente in via principale, accertando il diritto dello stesso all’accredito sulla Carta elettronica di € 500,00, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria (anche sul punto si veda Cass. 29961/23)”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “quando la Suprema Corte di Cassazione, ma anche il Consiglio di Stato a la Corte di Giustizia europea si mettono sulla stessa lunghezza d’onda e reputano discriminante una legge, chi governa dovrebbe farsene una ragione e mettere mano a quella norma per andarla a modificare allargane l’utilizzo anche a chi è stato illegittimamente escluso, in questo caso i docenti precari della scuola pubblica italiana. Visto che questo non è accaduto, per recupere 3.500 euro in un’unica soluzione, come è accaduto qualche giorno fa presso il Tribunale di Firenze, noi continuiamo a consigliare – precari ed ex precari – di presentare ricorso gratuito con Anief per chiedere spiegazioni al giudice del lavoro e recuperare tutte le somme con gli interessi”.
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI VENEZIA: LE CONCLUSIONI
P.Q.M.
Il Giudice del Lavoro, ogni contraria istanza disattesa, accerta il diritto del ricorrente
all’accredito sulla Carta elettronica di € 500,00, e conseguentemente condanna il Ministero a
provvedere al relativo accredito, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione
monetaria.
Condanna il Ministero convenuto a rifondere ai procuratori del ricorrente – che si sono
dichiarati antistatari - le spese di lite, liquidate in € 600,00 maggiorate del 30% ex art. 4, co. 1
bis del DM 55/14, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali 15%.
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di LA REDAZIONE
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